Indagando sull’origine di una parola spesso se ne può comprenderne meglio il significato e lo spirito. Sulla parola “Sake” ci sono diverse teorie e come si legge nel Kojiki o nel Nihon-Shoki in antichità lo chiamarono in diversi modi come “Kushi”, “Miki” o “Ki”.
Di tutti questi modi “Ki” fu il più utilizzato. Esso deriva da “Ke”, denominazione generale che raggruppa il cibo e le bevande. Successivamente la sua pronuncia si sarebbe trasformata in “Ki”. Tuttoggi il Sake viene chiamato anche “Miki”(御酒) o “Omiki”(御神酒), anteponendo i prefissi onorifici tradizionali giapponesi alla parola “Ki”.
Una teoria dice che la parola Sake derivi da “Sakae no Ki” (Ki o bevanda che fa prosperare). Per una seconda verrebbe da “Sakae mizu” (acqua che fa prosperare) perché a chi beve il Sake si ingrandirebbe il cuore e il portafoglio, divantando molto ricco. Una terza presume che nasca dal verbo “Sakeru” (evitare), perché bevendolo si evitano il freddo e la negatività. A conferma di ciò c’è un detto in giapponese che recita: “Il Sake è la miglior medicina” (酒は百薬の長).

Oggi la parola Sake è un appellativo che indica la bevanda alcolica in generale, oltre a riferirsi al liquore specifico che si ottiene dalla fermentazione del riso. Per il Sake, infatti, c’è la parola “Nihon-Shu” (Shu è un’altra lettura dell’ideogramma Sake) e che significa il Sake (vino, liquore) del Giappone.
A riprova di quanto il Sake, o meglio il Nihon-Shu, occupi nella cultura giapponese il posto che il vino occupa in quella italiana si sappia che il vino in giapponese si dice “Budou-Shu” che letteralmente significa il Sake dell’uva. La birra si chiama “Baku-Shu”, che vuol dire il Sake del grano.
In ogni caso il Sake è di buon augurio, legato profondamente alla cultura del Sol Levante e viene utilizzato spesso anche nei rituali religiosi, oltre ad accompagnare la vita quotidiana e i pasti dei giapponesi.
Licenza CC 3.0 di La via del Sakè 2011