NERO: il primo SAKE fatto in Italia dalla descrizione ci sembra più una birra. – (NERO: reading about the first “SAKE” made in Italy, it rather seems a beer.)

English below…

Nelle ultime settimane decine di persone sono corse a segnalarci il primo SAKE italiano!!!.

“Un SAKE (finalmente) fatto in Italia?”
“Si potrà chiamare SAKE?” (sì se lo fosse, ma non questo IMHO)
“Hai visto: http://sakeitaliano.it li conosci? È vero?”

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L’emozione (e l’illusione) durano purtroppo poco, aprendo il comunicato o il sito dopo poche righe si legge la clamorosa confessione:

La preparazione di questo innovativo esempio di Sake italiano prende soltanto ispirazione da quella orientale. Le rende il giusto onore per poi cercare un’altra, originale, strada: il processo di fermentazione, infatti, avviene grazie ai lieviti della birra attentamente selezionati. Un omaggio agli storici birrifici piemontesi che, a inizio ‘900, hanno fatto di Torino una delle capitali europee di questa bevanda.

Insomma da quanto si legge (non l’abbiamo ancora assaggiato) sembrerebbe più una birra! Anzi, un po’ birra e  un po’ Vermouth, come continua il comunicato:

Le contaminazioni però non finiscono qua. “NERO” prende a modello anche un’altra specialità torinese come il vermut, liquore considerato per anni di “nicchia” ma tornato recentemente alla ribalta grazie all’ arte della miscelazione e alle sperimentazioni del food pairing.

Siccome però la “birra di riso” esiste da un pezzo e non è una novità, i produttori di NERO devono aver pensato: “chiamiamolo sake, il primo sake italiano e abbiamo una notizia (un po’ discutibile ndr)!”

Non vogliamo quindi parlare del prodotto, ma della sua identità e comunicazione che costituiscono un’appropriazione di un territorio di comunicazione (“il sake italiano” visto anche il dominio web http://www.sakeitaliano.it/ e facebook/instagram “Sake Italiano“) in modo secondo noi non appropriato, in quanto non crediamo si tratti nemmeno di sake.

Perché, secondo noi, NERO NON è “SAKE”.

Esperti, scuole, associazioni concordano nel definire il sake come un fermentato di riso, i cui ingredienti sono: riso al vapore, koji (aspergyllus oryzae), lieviti e acqua. Di ciò si trova chiara traccia anche nel libro del nostro fondatore edito in italiano: https://laviadelsake.it/libro/

Sui lieviti c’è abbastanza flessibilità (seppur con una tradizione molto rigorosa limitata a pochi esemplari) quindi il vero problema per cui nel caso di NERO dubitiamo si tratti di sake non è tanto il tipo di lieviti usati, che NON sono quelli del sake e infatti non conducono la fermentazione ai livelli alcolici del sake. Il fattore più critico è il fatto che è riso non raffinato, che malta per il germe e non viene quindi usata la fermentazione multipla parallela (che è l’essenza produttiva del sake) e il Koji (che ha un ruolo chiave negli aromi del sake). Inoltre i produttori stessi dichiarano che si tratta di un prodotto “fortificato”.

Proprio dalla preparazione del vermut, “NERO” si affida per la fortificazione, l’incremento cioè del grado alcolico attraverso l’aggiunta di alcool,

Anche nel sake si aggiunge alcool (ma in modo molto regolato e NON per aumentarne la gradazione già alta di per se (verrà poi diluito), ma per enfatizzare alcuni aromi. Non esistono quindi sake fortificati. Infine è dichiaratamente “aromatizzato”.

per l’aromatizzazione, grazie all’utilizzo delle principali erbe botaniche che insaporiscono il vermut stesso e che diventano protagoniste anche di questo innovativo sake made in Piemonte, a cominciare dall’artemisia e dall’achillea.

E questa, di tutte, è la cosa che più lo rende cosa diversa dai sake che fanno della purezza la loro forza e non hanno mai alcuna aromatizzazione (salvo cambiar nome, quali ad esempio gli umeshu).

Sì, ma “sake vuol dire alcool”…

È certamente vero che in Giappone il termine sake a se stante ha un significato molto estensivo, e il fermentato di riso di cui parliamo si chiama nihonshu, anche se i giapponesi stessi usano comunemente la parola sake per riferirsi a questa bevanda alcolica e a nessun altra. Tra le pieghe di queste denominazioni magari legalmente è possibile infilarsi, ma ciò che conta qui, secondo me, è la chiarezza verso il consumatore e, in Giappone, ma soprattutto fuori, il termine SAKE è usato comunemente per definire il fermentato di riso con le caratteristiche indicate. Quindi NERO rischia di risultare fuorviante, facendo pensare che il sake sia anche altro rispetto a quanto conoscono consumatori europei e cioé il sake giapponese tradizionale (anche detto nihonshu), mentre qui noi pensiamo di essere di fronte a un altro tipo di prodotto.  A mio parere mancano anche i presupposti per catalogarlo come “sake innovativo” in quanto non parte dalla tecnica produttiva del sake, ma da quella di altre due bevande: vermouth e birra.

Si rischia, anche, di confondere il consumatore e di fargli pensare di trovarsi di fronte al tradizionale sake giapponese, detto anche nihonshu (ci sarebbero anche da capire gli aspetti legali sull’uso del termine, ma quasi certamente, appunto, non è normato in Europa) in virtù di un mix di ignoranza del pubblico (su cosa sia il sake tradizionale giapponese) e marketing.

Se è apprezzabile l’entusiasmo, il resto lo è meno, in quanto rischia di far passare per sake qualcosa che secondo noi non lo è per nulla o almeno non è quello che oggi comunemente sul nostro mercato si intende per sake: non negli ingredienti, non nella metodologia produttiva e nemmeno negli aromi (lo degusteremo a breve, ma c’è da da scommetterci, viste le erbe aromatiche che ne sono “protagoniste”).

Ben venga quindi un tentativo di valorizzare il sake (e di dare lustro alla sua tradizione) che ha bisogno di essere internazionalizzato e soprattutto prodotto all’estero. Con più attenzione alla chiarezza verso il consumatore, secondo noi. Qui ci si discosta tanto, troppo, da quello che è il sake giapponese tradizionalmente inteso e comunemente conosciuto come sake in Europa (anche per essere considerati innovazione).

“Produrre il sake”, bevanda dai particolari aromi che ha incontrato il gusto dei consumatori europei, significa secondo noi affrontare una serie di complesse sfide produttive, non chiamare sake un prodotto che ha caratteristiche altre.

Una bella discussione, comunque, che ci auguriamo di poter continuare “a tu per tu” con gli autori di NERO, fin d’ora benvenuti al nostro Festival le cui date annunceremo nei prossimi giorni. Alla prima degustazione vi riporteremo, più da vicino, le nostre sensazioni “al bicchiere” sul prodotto.

 

The first “SAKE” made in Italy is in fact a beer, not a sake.

In the last few days I have received dozens of messages about: “the first italian SAKE!!!

“Wow a SAKE (finally) made in Italy?”
“Is it ok to call it SAKE?” (yes, if it were a sake, this as it seems isn’t)
“Have you seen: http://sakeitaliano.it ? Do you know them? Is it real?”

The emotion (and the illusion) doesn’t last long. Reading the press release or the official website rapidly you reach the confession:

the preparation is only “inspired” from the oriental one. Then the “Italian sake” takes a different road: it’s fermented with beer yeasts following the tradition and techniques of Torino’s historical beer breweries and using also Vermouth’s brewing techniques.

From what we can read (we haven’t tasted it yet) more than SAKE it rather seems beer! Or a fortified beer or, better, part beer and part Vermouth.

Since “rice beer” is nothing new the producers of NERO must have thought: “let’s call it sake! It’ll be the first italian sake and thats big (but at least a bit questionable ed.) news!”

With this post we don’t want to judge the product, but its identity and communication that are overtaking the whole content area of “Sake Italiano” (with the web domain  http://www.sakeitaliano.it/ and the facebook/instagram page “Sake Italiano“) without title to do so since we don’t believe this is even close to sake.

Why NERO, according to us, is NOT SAKE.

Experts, schools, associations agree on a sake definition as a alcoholic beverage fermented from rice whose ingredients are: steamed ricekoji (aspergyllus oryzae), yeast and water. Sake brewers are open minded about yeasts (although there is a very strict and widespread tradition to use just a few types of yeasts), so the reason why NERO is not sake, for me, isn’t the yeast choice. The critical factor is that it is done with unpolished rice, whose germ creates naturally sugar and without koji (the key player in sake signature multiple parallel fermentation and sake aromas). Beyond this NERO is by declaration a fortified product, with added alcohool to bring up the alcohol volume not (as in sake) to dilute some aromas). Finally it is “flavorured” with herbs “that become protagonists” a thing that we never see in sake unless when (indeed) they change name like some ume-shu or yuzu-shu.

Yes, but “sake means alcohol” …

It is certainly true that in Japan the term sake has a very extensive meaning, and the rice fermented beverage we are commonly talking about is called nihonshu, although the Japanese themselves commonly use sake to refer to this alcoholic beverage and to no other. Among the folds of these denominations it is perhaps legally possible to slip in, but what counts here, in my opinion, is clarity towards the consumer and, in Japan, but especially outside, the term sake is commonly used to define the fermented rice beverage with the indicated characteristics. But NERO in this aspect could result as misleading, suggesting that sake is also something else from what they know., the traditional japanese sake (also called nihonshu) while we think here we face a different type of product. In my opinion, the conditions for cataloging it as “innovative sake” are also missing, as it does not start from the sake production techniques, but from that of two other drinks: vermouth and beer.

All this could confuse the drinker making him think that NERO is the traditional japanese sake (nihonshu) while for us is a complete different category of product, especially considering the little knowledge of the general public (on what is sake) and a smart marketing action (being a beverage also legal aspects on term’s use could arise, although it is most certainly not protected in EU…) .

If we are ready to appreciate enthusiasm about sake culture’s spreading, all the rest is less noticeable as it could make people think that is sake something that (in our opinion) is not because of ingredients, production methods and very probably (we’ll taste it soon, but since “herbs” are the protagonists we bet) aromas.

Kudos to any attempt to promote sake and its traditions, since it needs to be internationalised and produced outside of Japan. . With more care for the consumer’s understanding in our opinion. Here we are way too far from what is commonly recognised as japanese sake, even an innovative one.

“Making sake” (the beverage whose specific flavours and characteristics attracted european customers) outside of Japan should be done facing the huge technical challenges and not calling sake something so different.

An interesting discussion that would be nice to continue in person with the authors of NERO who are welcome to join our Sake Festival in september in Milano, we’ll release the dates soon. We are awaiting a sample or a shop available bottle in order to review it.

Scarica il Comunicato / Download the press releaseNERO_il primo sake italiano nel mondo.

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